Nacque a Celico, tra Spezzano e Pedace in Calabria, il 3 febbraio 1894, primogenita di Giuditta e Pasquale Pantusa, uomo di carattere
impulsivo, tozzo e violento, che, fintosi religioso fino al giorno del suo matrimonio, proibì che alla bimba fosse amministrato il
battesimo. Ma la buona Giuditta, senza arrendersi, riuscì a portare segretamente la sua piccola al fonte battesimale, con la collaborazione
di qualche famiglia fidata e del parroco, don Vincenzo Lettieri. [1]
Nonostante fosse stata ostacolata a prendere la prima comunione
da parte del padre, che minacciava di morte il buon parroco se lo avesse fatto, espresse la volontà di entrare in convento. Quel rozzo
genitore anche questa volta reagì con violenza e, pur di distoglierla dalla sua decisione, decise di portarla con sé in Brasile, con
la scusa che la figlia avrebbe dovuto accudire ai suoi bisogni materiali. Lontana dalla mamma, in una terra dove si parlava un’altra
lingua, il padre sperava che si sarebbe arresa al matrimonio. [2]
Ma lei, in Brasile, costretta a vivere da prigioniera, chiusa a
chiave in casa quando il padre andava al lavoro e oggetto di ingiurie ed imprecazioni più infamanti al suo ritorno, pregava il Signore
nel desiderio e nel fermo proposito di appartenere solo a Gesù. Ma, quando Pasquale ancora una volta le portò a casa un giovanotto
con la speranza che si fosse decisa a maritarsi, elevò la sua supplica allo Spirito Santo, consolatore dei poveri, per conoscere la
volontà del Padre Celeste. E in una specie di visione, in una sequenza rapida e concisa, le fu anticipato ciò che sarebbe accaduto
nel suo futuro. Così, accogliendo il giovane Vito De Marco, emigrato dalle Puglie, si unì con lui in matrimonio il giorno di Natale
del 1914. E quel giorno, per la prima volta, potette accostarsi all’Eucaristia, tanto desiderata in tutti quegli anni. Nell’anno successivo,
il 28 ottobre, dal matrimonio nacque Maria Carmela. [3]
Contro qualsiasi logica apparente, nel 1916 rientrarono tutti e quattro in
Italia, ma Vito, richiamato alle armi morì in guerra. Allora la nostra Maria Concetta, rimasta sola con la sua piccina, si buttò con
tutto il suo spirito nelle opere d’apostolato come presidentessa delle “figlie di Maria”, lei analfabeta, preferita dal parroco a
tutte le altre donne più quotate e colte. E questo a prescindere da qualche fenomeno non comune, come la levitazione. [4]
Quasi
come per ricompensa al suo impegno religioso, il Signore le porse una prova terribile. Per circa un anno rimase cieca ed immobile,
paralizzata negli arti inferiori. Inaspettatamente guarita dopo un anno per intercessione della Madonna, non ebbe neppure il tempo
di riprendere le sue occupazioni che si vide cacciata di casa dal padre, il quale non intendeva più darle da mangiare a sbafo. Era
il 1927. Per qualche tempo si appoggiò come sguattera presso le Suore dei Sacri Cuori di Redipiano, dove la gente la accolse con benevolenza
e cordialità. [5]
Poi, nel mese di maggio del 1930, in compagnia della figlia Maria Carmela e di suor Speranza Elena Pettinato,che
le restò a fianco tutta la vita scrivendo un lungo diario, si mise in viaggio verso Airola, in provincia di Benevento per chiedere
l’ammissione nel monastero delle clarisse d’Airola, che però accolsero solo Maria Carmela. Lasciata dunque fuori della porta del convento,
insieme a suor Speranza, amareggiata ma non scoraggiata, tra mille difficoltà aprì un asilo a Monteoliveto con il permesso del vescovo.[6]
Per la prima volta ricevette le stigmate il 1° Agosto 1936. Si trovava in estasi quando le comparve Gesù che irradiava una vivissima
luce; dopo un momento di grande beatitudine, come immersa in Dio, avvertì un dolore acuto nelle mani, ai piedi e nel cuore. Quando
tornò in sé si accorse che dalle ferite grondava vivo sangue. Le stigmate nelle mani e nei piedi scomparvero alla fine del 1939, quella
del costato, assai lunga e larga, si dissolse dopo sedici nel 1952, l’anno precedente alla sua morte. [7]
Era Il 17 febbraio 1947 quando
un’immagine del Santo Volto di Gesù (della Santa Sindone di Torino) emanò sangue sgorgante dalla testa e dagli occhi e rimase in ebollizione
per quasi tre ore. [8]
Suor Concetta (così la chiamavano ad Airola benché non fosse suora) disse che Gesù l’aveva fatto per i peccati
dei Sacerdoti e di tutti gli uomini. Lo stesso fenomeno si rinnovò il 28 febbraio e, per una terza volta, il 4 marzo. [9]
“È IL
VOLTO SANTO TRE VOLTE INSANGUINATO”, così disse Gesù stesso a Maria Concetta.
In ognuno di questi fenomeni il Signore ingiungeva: "PREGATE!
RIPARATE! COMPENSANTE!"
In quell'anno e negli anni seguenti numerose immagini apparvero e restarono coperte di sangue. Sopra immagini,
in quaderni e nei libri apparvero rose freschissime e profumate.
Gesù chiamava la casa di Airola: “LA CASA DELLE ROSE”.
“QUESTA
CASA, diceva, OVUNQUE VOLGETE LO SGUARDO È BAGNATA DAL MIO SANGUE".
“FIGLIA MIA DILETTA! DESIDERO CHE TU FACCIA UNA LARGHISSIMA
DIFFUSIONE DELLA MIA IMMAGINE. VOGLIO ENTRARE IN OGNI FAMIGLIA, CONVERTIRE I CUORI PIÙ DURI. PORTATEMI
NEGLI OSPEDALI E NEI RICOVERI, NELLE SCUOLE E NEGLI ASILI. PARLA A TUTTI DEL MIO AMORE MISERICORDIOSO E INFINITO”.
“DESIDERO CHE IL
MIO DIVIN VOLTO PARLI AL CUORE DI TUTTI E CHE LA MIA IMMAGINE IMPRESSA NEL CUORE E NELL’ANIMA DI OGNI CRISTIANO RIFULGA DI DIVINO
SPLENDORE MENTRE ORA È SCIUPATA DAL PECCATO”.[10]
E tutta presa in quel suo impegno, avvolta tra fenomeni mistici, come i suoi
misteriosi viaggi in Purgatorio, gli intensi profumi che avvertivano quelli che le stavano attorno, i petali di fiori sparsi da mani
invisibili e le visioni di Gesù, della Madonna, dell’Angelo custode, di s. Gemma Galgani, s. Paolo della Croce, s. Giuseppe ed altri
Santi, notevolmente sofferente e relegata a letto per due mesi, Maria Concetta lasciò questa terra ad Airola, per unirsi eternamente
ai Santi nella Gloria di Dio, alle ore 15 del Venerdì di Passione del 1953 (27 marzo), che per privilegio espressamente concessole
da Gesù lei stessa aveva scelto il 16 marzo di tre anni addietro.[11]
Il suo corpo riposa nella casa del Sacro Volto in Airola (BN)
alla via Monteoliveto, 33.
Il 10 febbraio 2007 è stata introdotta ufficialmente la sua causa di beatificazione, qualificata come madre
di famiglia. [12]
[1] 40° Anniv., op. cit., pp. 5, 7 e 9.
[2] 40° Anniv., op. cit., pp. 5, 7 e 9.
[3] 40° Anniv., op. cit., pp. 9 e 10.
[4] 40°
Anniv., op. cit., pp. 9 e 10.
[5] 40° Anniv., op. cit., pp. 10, 11 e 12.
[6] 40° Anniv., op. cit., pp. 10, 11 e 12; http://sanlucido.weboggi.it/Cultura/11224-La-Santa-Celichese
[11] Il
Mattino, quotidiano cit., 27 marzo 2000, p. 15; 40° Anniv., op. cit., p. 5, 12 e 25.