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s. Giuseppe Moscati, beneventano
a cura di Sergio Pacillo
(1^ stesura: 13/04/2010)
(ultima rivisitazione 19/12/2011)

S. Giuseppe Moscati nacque a Benevento, settimo dei nove figli di Francesco e Rosa De Luca dei marchesi di Roseto (Foggia).

    Francesco Moscati, dell’antica famiglia meridionale originaria di S. Lucia di Serino (AV), che sin dal XIII secolo aveva avuto ottimi rappresentanti, come Federico, il falconiere di Federico II (1239), si era trasferito da Cassino  allorquando, appena promosso Presidente del Tribunale, aveva preso alloggio dapprima in via S. Diodato, nei pressi dell’ospedale e, poi qualche mese più tardi, in un appartamento del palazzo Andreotti-Leo, lungo la Via Port’Aurea, a pochi passi dall’Arco di Traiano.

 

  

                                      Atto di battesimo di s. Giuseppe Moscati,

 conservato nell’archivio della parrocchia di S. Anna in Benevento

 

 E qui, per l’appunto, nell’ultima stanza a sinistra della facciata, il nostro Giuseppe emise il primo vagito verso le 4 ant. del 25 luglio dell’anno 1880. Una lapide davanti al palazzo, dimentica ancora oggi della sua santità, ricorda ai passanti la sua venuta al mondo. Battezzato con il nome di Giuseppe, Maria, Carlo, Alfonso il 31 luglio, in casa, da don Innocenzo Majo, economo curato della parrocchia di S. Marco dei Sabariani, ebbe come madrina (commadre) Filomena Farese (1).

 

                                          

A Benevento la mamma aveva dato alla luce la sorella Anna (Nina), che gli  rimase accanto per tutta la vita aiutandolo nelle sue opere di bene e di carità. 

L’altra sorella Anna, la gemella di Maria, era morta in tenera età nel 1875 (2). Per la promozione a Consigliere di Corte d’Appello, nel 1881 il padre si trasferì con la famiglia ad Ancona, dove nacque Eugenio, e nel 1884 si stabilì definitivamente a Napoli, dove nacque Domenico, che fu sindaco della città (3).

Per la promozione a Consigliere di Corte d’Appello, il padre dapprima si trasferì nel 1881 con la famiglia  ad Ancona, dove nacque Eugenio, e poi nel 1884 si stabilì definitivamente a Napoli, dove nacque Domenico, che fu sindaco della città (3).

Nella capitale partenopea il nostro Giuseppe ricevette la prima comunione da mons. Enrico Marano l’8 dicembre 1888, nella chiesa delle Ancelle del Sacro Cuore. Dopo due anni, il 3 settembre, fu confermato nella fede da mons. Pasquale De Siena, essendogli padrino Francesco Cosenza (4).

Conseguita la maturità classica nel 1897, s’era da poco iscritto alla facoltà di medicina allorquando nel mese di dicembre gli venne a mancare il padre (5).

Laureatosi in medicina a soli ventidue anni, nel 1903, si dedicò con passione agli studi, pubblicando importanti saggi sulla determinazione del sudore, sull’amido, sul glucosio, sull’ammoniaca, sull’urea, sul peptone, sulla chinina, sui cianuri, sul boro, sull’ipofisi, sull’antagonismo fra surreni e pancreas, sul potere d’assorbimento della cistifellea, sulle vie linfatiche dall’intestino ai polmoni, sulla determinazione della quantità di sangue, sui versamenti nelle sierosi e sulle cisti colloidi dell’apice polmonare (6).

Il 3 giugno del 1904 fu di nuovo a Benevento con tutti i familiari, ma questa volta per un fatto luttuoso. Nella Casa di salute del S. Cuore di Gesù (l’attuale Ospedale Fatebenefratelli), il giorno precedente (solennità del Corpus Domini), all’età di trentaquattro anni, era morto il fratello Alberto, il quale qualche anno addietro, in seguito ad un trauma cranico causato da una caduta da cavallo durante una parata militare a Ciriè (Torino), aveva desiderato di ritirarsi presso i religiosi dell’ospedale beneventano (7).

   Dopo la morte della madre (1914) ammalata di diabete, intensificò le sue opere di carità e di fede, aiutato dalla sorella Anna, che gli fu affianco come un vero e proprio angelo tutelare (8).

Dopo aver collaborato nel 1916 con il beneventano Gaetano Rummo alla redazione del periodicoLa Riforma Medica, il 26 luglio 1919 fu nominato primario della III Sala dell’Ospedale degli Incurabili, conseguendo presto la libera docenza presso l’Università degli Studi di Napoli. Ma dopo qualche tempo, obbedendo alla sua naturale vocazione, ritornò all’attività professionale, mettendosi al servizio dei sofferenti, che beneficiava anche materialmente, e degli ammalati, che qualche volta si videro prescrivere la Cura dell’Eucaristia (9).

Il 13 febbraio 1927 si trovava ad ascoltare l’ultima conferenza dell’on. Leonardo Bianchi, quando costui, il tempo di ricevere gli applausi degli intervenuti, s’accasciò improvvisamente a terra tra le braccia dei colleghi più vicini. Tra i medici accorse anche il nostro Peppino (così gli piaceva farsi chiamare) ma lui, preoccupato unicamente della salute dell’anima del suo professore morente, con un piccolo crocifisso tra le mani seppe suggerirgli parole di fede e di pentimento, unica strada che porta alla visione di Dio (10).

Cinquantotto giorni dopo questo avvenimento, e precisamente verso le 15.00 del 12 aprile, anche lui lasciò questa terra. Dopo una mattinata densa d’impegni nella quale aveva ritrovato anche il tempo di ricevere la S. Comunione, aveva da poco incominciato le sue visite agli ammalati, quando sentì male e, accasciatosi sulla poltrona, all’età di 47 anni, concluse in perfetta calma e senza agonia la sua vita terrena, per unirsi per sempre ai Santi nella gloria del Signore (11).

Napoli, 16 novembre 1930:

traslazione del corpo di s. Giuseppe Moscati 

Più volte era stato a Benevento, chiamato per consulti medici da pazienti che riceveva o in casa Pennella, nella zona del Duomo, o nell’ospedale S. Diodato. Presso questo ospedale lavorava anche il dott. Antonio Principe, medico condotto, che lo ebbe come ospite nella sua casa alla via Bartolomeo Camerario, nell’occasione di un consulto medico al suo parente ten. colonnello Settimio Di Salvo, affetto da un male incurabile. Nell’accomiatarsi dal malato che visitò in casa, il nostro Giuseppe lo salutò con la frase: “Addio, fratello in Cristo”, lasciando così intendere, come medico, di ammettere l’impossibilità di curarlo nel corpo, ma di offrirgli, come credente, la speranza della guarigione nell’anima. E in quelle occasioni si portava sempre di buon’ora al Duomo per la Messa e la Comunione o a pregare nella Cappella del Santissimo, che, ricostruita dopo i bombardamenti del 1943, ospita oggi una sua marmorea statua bianca (12).

Il suo corpo fu traslato nella chiesa del Gesù il 16 novembre dell’anno 1930, tra una folla enorme che l’accompagnava (13).

   Numerose si contano le grazie che avvengono per sua intercessione. Per esempio, il signor Giovanni Rienzo di Casaluce (Caserta), dove il Santo è molto venerato, ha raccontato che durante la celebrazione della Messa nella Chiesa del Gesù Nuovo avvertì un gran calore alla testa e che, da lì a qualche giorno, sottopostosi ad una nuova TAC, risultò scomparso l’angioma cerebrale destro del quale doveva operarsi (14).

   Annoverato dal papa Paolo VI tra i Beati nel 1975, è stato santificato da Giovanni Paolo II il 25 ottobre dell’anno 1987 e viene festeggiato il 16 novembre, nel giorno della traslazione delle sue spoglie.

   Viene invocato dagli infermi e dai malati terminali per ottenere una buona e santa morte (15).



(1) Il Gesù Nuovo, periodico cit., luglio-agosto 1997, pp. 199 e 200; Maio L., op. cit., pp. 7 e 11; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 334; Treccani, op. cit., vol. VIII, p. 113.

(2) Il Gesù Nuovo,periodico cit., luglio-agosto 1997, pp. 199 e 200; Maio L., op. cit., pp. 7 e 11.

(3) Il Gesù Nuovo, periodico cit., luglio-agosto 1997, pp. 199 e 200; Maio L., op. cit., pp. 23 e 24; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 334; Treccani, op. cit., vol. VIII, p. 113.

(4) Il Gesù Nuovo, periodico cit., luglio-agosto 1997, pp. 199 e 200; Maio L., op. cit., pp. 23 e 24; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 334.

(5) Maio L., op. cit., pp. 23 e 24.

(6) Giannini ed., Santino; Maio L.,op. cit., p. 24;Rotili Mario, op. cit., p. 334.

(7) Maio L., op. cit., pp. 25 e 27.

(8) Giannini Ed., Santino; Maio L., op. cit., p. 28; Rotili Mario,op. cit., p. 334.

 (9) Lanzi C., op. cit., p. 55; Maio L., op. cit., p. 31; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 334.

(10)  Maio L., op. cit., pp. 36 e 37.

(11) Giannini ed., Santino; Rey Paolo, op. cit., p. 165; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 334 (il Rotili cita il 22 aprile). Nel film "Giusepe Moscati" viene riferito erroneamente  che la morte avvenne di notte.

(12) Maio L., op. cit., pp. 47 e 48. La visita di s. Giuseppe Moscati al ten. col. Di Santo mi è stata confermata dai coniugi Carla Del Basso De Caro e dott. Giovanni Principe (figlio del medico Antonio Principe), il giorno 4 gennaio 2003.

(13) Il Gesù nuovoperiodico cit., marzo- aprile 1997, p. III.

(14) Il Gesù Nuovo, periodico cit., luglio-agosto 1997, p. 224.

(15) Maio L., op. cit., p. 3; Rey P., op. cit., p. 165.

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s. Giuseppe Moscati (1880-1927)

da Youtube:
Documentario su Benevento parte 1/3



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Documentario su Benevento parte 2/3



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Documentario su Benevento parte 3/3
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